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Coccarda10 anni di rassegne cinofili amatoriali!

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Il Cane e gli Animali nella Sapienza

Questo inserto breve vi accompagnerà mensilmente per focalizzare l’attenzione sulle Scritture e sui testi della tradizione ebraico cristiana che mettono in luce lo speciale soffio di vita che anima le piccole e belle creature che vivono con noi, in particolare il cane.
Le lingue semitiche (ebraico, arabo, aramaico, siriaco) essendo molto essenziali come numero di vocaboli, devono dare un nome che definisce anche le caratteristiche principali. Per il cane non trovarono di meglio e di più appropriato che il nome di klb.
Dall’etimo ebraico “cane” si dice klb, vocalizzato kelev, dove la prima lettera “k” (kaph) può indicare il comparativo “come”, mentre lev significa “cuore”: quindi kelev, “cane” potrebbe essere letto come “come un cuore” e quale migliore definizione per il cane, animale simbolo della fedeltà? Il cane al pari del “cuore” che non cessa mai di battere per l’uomo. Chi conosce il cane sa fino a che punto può arrivare la sua dedizione.
In un frammento di ceramica, usato come foglietto di appunti nell’antichità, denominato ostrakon  risalente al 587 a.C. e ritrovato a Lachish, un militare di alto rango scrive rivolgendosi al suo re Sedecia autodefinendosi abdekha kelev, ossia “il tuo servo cane”, evidentemente intendeva esprimere con ciò il “tuo servo fedele”. Forse a noi oggi queste parole non suonano bene, ma nella cultura ebraica e biblica il significante di servo e la fedeltà danno alla persona una dignità molto grande.
La vicinanza, l’affetto, la solidarietà, espressioni del duraturo legame tra persone e cani hanno caratterizzato la storia dell’umanità fin dai tempi più remoti. L’empatia e la generosità di questo animale domestico per eccellenza ha sempre toccato il cuore umano rimanendo a sua disposizione nel bene e nel male. Nel prossimo numero scorgeremo nel Libro della Sapienza che si parla anche per loro di una vita oltre…

Elena Fornasiero

Alcuni buoni "Perché" nell'amore agli animali.

Testo di Madre Teresa di Calcutta

Perché ti danno tutto, senza chiedere niente.
Perché contro il potere dell'uomo con le armi sono indifesi.
Perché sono eterni bambini, perché non sanno cos'è l'odio ne la guerra.
Perché non conoscono il denaro e si consolano solamente con un posto dove rifugiarsi dal freddo.
Perché si fanno capire senza proferire parola, perché il loro sguardo è puro come la loro anima.
Perché non conoscono l'invidia nè il rancore, perché il perdono è ancora naturale in loro.
Perché vivono senza avere una lussuosa dimora.
Perché non comprano l'amore, semplicemente lo aspettano e perché sono nostri compagni, eterni amici che niente potrà separare.
Perché sono vivi. Per questo e altre mille cose meritano il nostro amore. Se impariamo ad amarli come meritano saremmo molto vicini a Dio.